Sgombri. Lo sgombro, quando è salato di recente, esente da avarie e alterazioni, si riconosce alla bellezza della sua pelle, le cui gradazioni, di un azzurro chiaro, cupo e bianco d'iride, sussistono in parte, sebbene non abbiano altrettanto lucido come allo stato di freschezza nel medesimo pesce. Quando si fa una provvisione alquanto considerevole di sgombri salati per il loro consumo in una numerosa famiglia, si deve conservarli in un bariletto di legno bianco, e far loro pigliare aria il meno possibile. Per ben dissalare lo sgombro bisogna lasciarlo immerso ventiquattr'ore nell'acqua fresca da rinnovarsi cinque o sei volte, dopo aver praticato cinque o sei volte nella pelle assai grossa di questo pesce tagli trasversali abbastanza profondi perchè l'acqua vi penetri con facilità.
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fresca da rinnovarsi cinque o sei volte, dopo aver praticato cinque o sei volte nella pelle assai grossa di questo pesce tagli trasversali abbastanza
Cavoli salati (Crauti). Si apparecchiano i cavoli salati con qualunque specie di cavoli cappucci, ma specialmente con quelli bianchi. Dopo aver tagliato in sottilissime striscie tutti i cavoli che si vogliono adoperare, si pone nel fondo di un gran vaso di terra o di un piccolo barile sfondato da una parte, uno strato di sale, poi uno di cappucci di 15 centimetri di spessore, e si comprimono mediante un pestello di legno, fino a che si riducono quasi a metà di altezza; si spalma un secondo strato di sale, poi un altro di cappucci da comprimersi come il primo, e così si continua fino a che il vaso sia ripieno, a qualche centimetro dall'orlo, avendo cura di mescolare ad ogni strato di cappuccio pepe in grani e semi di cardi o di ginepro. L'ultimo strato dev'essere di sale; sopra si collocano alcune foglie fresche intere, poi il coperchio o il fondo del barile, e su questo pesi, o alcune grosse pietre che impediscano ai cappucci di sollevarsi durante la fermentazione. Tosto che questa incomincia, formasi un'acqua verdastra e fetida che sornuota, e che bisogna gettar via ogni quattro o cinque giorni nei primi momenti, per sostituirla con una quantità di nuova salamoja, in maniera che i cappucci ne sieno sempre coperti per qualche centimetro. I cappucci devono essere conservati in luogo dove non penetri il gelo, e sono buoni da mangiarsi in capo a sei settimane o due mesi. Quando si estrae dal barile la quantità che si vuol adoperare, non bisogna dimenticare di ricuoprire il barile col suo coperchio, e riporvi sopra il medesimo peso.
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sornuota, e che bisogna gettar via ogni quattro o cinque giorni nei primi momenti, per sostituirla con una quantità di nuova salamoja, in maniera che
Uva secca, od uva passola. Essendo le uve state raccolte nella loro maturità e ben sane, bisogna immergerle a tre riprese nell'acqua bollente, o meglio in una liscivia di ceneri bollenti; quelle di sarmenti sono le migliori per un tal uso; vi si può aggiungere qualche manata di rosmarino, di lavanda, o di altre piante aromatiche. Dopo questi bagni, la cui durata è di alquanti minuti, si sospendono i grappoli sopra pertiche, ovvero si pongono su graticci per farle asciugare al sole; bisogna però aver cura di ritirarle dentro ogni sera. Quattro o cinque giorni bastano d'ordinario, perchè l'uva sia convenientemente essiccata. Ottenuto questo risultato, si schiera entro scatole, che bisogna visitare tratto tratto, sia per dar loro aria, sia per assicurarsi che non c'è ammuffimento, e, se si conservano bene per un mese, si possono porre in serbo.
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graticci per farle asciugare al sole; bisogna però aver cura di ritirarle dentro ogni sera. Quattro o cinque giorni bastano d'ordinario, perchè l'uva
Zucchero acidulato per bevande. Il succo di certe frutta, come ribes, ciliegie, lamponi, aranci, limoni, misto con acqua e zucchero, porgono una bibita aggradevole e refrigerante. Bisogna supplirvi con zuccheri acidulati, che hanno il vantaggio di conservarsi per tutto l'anno, e di fornire in ogni stagione le bibite che non si ottengono coi succhi delle frutta se non al momento in cui sono in piena maturità. Ecco in qual modo si procede per preparare gli zuccheri acidulati. Il ribes, a mo' d'esempio, bisogna sgranarlo, stiacciarlo, e, dopo averne raccolto il succo, si passa e si mescola con quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro una stufa moderatamente riscaldata, e che in seguito si polverizza per conservarla entro fiasche di vetro bene tappate. Quando si vuol far uso di questo zucchero ben acidulato, se ne diluisce due cucchiai da caffè in un bicchiere d'acqua e si ottiene una bibita tanto gradevole come quella che si può ottenere dal succo di ribes fresco. Si segue presso a poco lo stesso processo col lampone, colle ciliegie, gli aranci e i limoni. Soltanto che alle ciliegie, prima di stiacciarle, bisogna levare i noccioli; si sofirega un pezzo di zucchero sull'esterna scorza degli aranci e dei cedri, e poi si pesta questo zucchero per aggiungerlo a quello polverizzato che fosse stato frammisto al succo degli aranci o dei cedri, e che si fosse, come già dicemmo, essiccato in una stufa.
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quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro
Il processo migliore per fare infondere il caffè è quello di servirsi di cocome a filtro, che sono comodissime, spicciative, e che danno un liquido contemporaneamente profumato e limpido. La cocoma più semplice e meno cara è quella di latta od anche di porcellana: sul graticcio del filtro, preventivamente coperto di una rotella di flanella, si pone la quantità necessaria del caffè in polvere, presso a poco, come accennammo, un cucchiajo da caffè per ogni bicchiere d'acqua, ed un poco meno, se si appronta il caffè per cinque o sei persone; si calca moderatamente la polvere col rulletto che si lascia sulla polvere, si colloca la grata superiore, si versa su questa metà dell'acqua bollente che dev'essere impiegata; si richiude la macchinetta col coperchio, e si aspetta che quest'acqua sia filtrata. Ciò fatto, si leva il coperchio e la grata superiore, per sollevare il folletto e far cadere in fondo del filtro la polvere di cui è carico; allora si versa il rimanente dell'acqua calda, e, dopo aver chiusa accuratamente la macchina, si lascia che la filtrazione compiasi lentamente. Durante questa operazione, si pone la cocoma nell'acqua bollente, e questo bagno-maria mantiene il liquido al grado di calore che deve conservare. Non bisogna servire il caffè che allorquando la filtrazione è completa, e si deve guardarsi, come avviene talora, di far riposare il liquido sulla feccia o deposito, perchè; sarebbe un indebolire il caffè e togliergli porzione del suo profumo. Quanto al deposito del caffè, se si voglia utilizzarlo, conviene non farlo bollire, il che darebbe un liquido acre e nero, ma versarci sopra, quando è ancora nel filtro, una certa quantità d'acqua calda e meglio di fredda. Si pone in serbo questa seconda infusione, per fare riscaldare al bagno-maria e mescolarla con una nuova preparazione di caffè. Tutte le volte che si fa riscaldare il caffè, il quale non sia stato adoperato nel momento stesso in cui viene approntato, bisogna ricorrere al solo bagno-maria.
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per ogni bicchiere d'acqua, ed un poco meno, se si appronta il caffè per cinque o sei persone; si calca moderatamente la polvere col rulletto che si
Ecco un mezzo semplicissimo per assicurarsi del risultato della operazione, senza spostare il contenuto della vostra casseruola, il che è assai importante, perchè correte rischio, volendo visitare il fondo, di mettere sossopra ogni cosa e contrariare il buon procedimento della operazione al punto da comprometterne i risultati. Inclinate pertanto la vostra casseruola sopra un tondo, avendo attenzione di tenere ferma la carne sul coperchio. Se il grasso che n'esce è torbido, riponete la casseruola al fuoco, e raddoppiate di attenzione, perchè si tratta di cogliere il momento preciso in cui sta per effettuarsi l'operazione, la quale alcuni minuti di più o di meno bastano per non far riuscire. In capo di due minuti, ritirate dal fuoco e osservate a che punto sia; e, nel caso in cui la semplice osservazione non bastasse per farvi risolvere ad un decisivo giudizio, inclinate di nuovo la casseruola sul piatto, come avete fatto la prima volta. Se il grasso che vi esce, è chiaro, e limpido, allora colpite nel segno; l'operazione è buona, e il succo è perfetto. Ciò fatto, levato tutto questo grasso, potete allora versarci quanto v'aggrada, brodo od acqua: ma badate dal farlo brutalmente, empiendo immediatamente la vostra casseruola. Non bisogna dapprima mescervi che un buon cucchiajo di brodo o di acqua calda; lasciato così per cinque minuti, distaccasi il succo che avete ottenuto, poi versate prima il brodo o l'acqua, empiendone la casseruola. Due ore bastano per questa operazione, se i pezzi sono minuti; ma ne vogliono quattro se sono pezzi assai grossi. Tenete la vostra casseruola sull'angolo del fornello, e schiumate il grasso che potrebbe ancora formarsi. Finalmente passate per uno staccio, ponendovi sopra una salvietta.
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, empiendo immediatamente la vostra casseruola. Non bisogna dapprima mescervi che un buon cucchiajo di brodo o di acqua calda; lasciato così per cinque
Salsa bruna (alla spagnuola). Ponete in una casseruola un quarto di libbra di burro fresco; quando è liquefatto, aggiungeteci quattro o cinque cucchiai, da tavola, di farina; rimestate sempre questo burro e questa farina con un cucchiajo di legno sopra un fuoco lento, fino a che la mescolanza assuma un colore di castagna chiaro quale deve averlo la vostra salsa. Se dovete versarvi brodo, darete un colore più carico al rosso, che lascerete prima alquanto raffreddare, poscia il vostro succo rifatelo quasi bollente stemperando il vostro rosso, come fareste con una paniccia. La precauzione che indichiamo, di lasciare cioè alquanto raffreddare il rosso e di avere il succo quasi bollente non è indifferente, perchè con questo mezzo la vostra salsa sarà meglio stemperata e non farà grumi, il che avverrebbe di certo se si versasse immediatamente il succo freddo sul rosso, tuttavia caldo. La vostra salsa dev'essere chiara abbastanza perchè ne possiate agevolmente levare il grasso. Lo collocherete sull'angolo del fornello, lasciandonelo, presso a poco, un'ora; indi vi leverete il grasso e la schiuma che vi si forma sopra. Quando si sia chiarificata a sufficienza, la porrete sopra un fornello ardente per restringerla. Con un cucchiajo apposito attingete la vostra salsa e lasciatela poi ricadere in modo che tocchi il fondo della casseruola senza mai attaccarvisi o sorpassare gli orli del contenente; adoperate così sino a tanto che sia giunta alla riduzione conveniente di salsa solida , ma non troppo densa.
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Salsa bruna (alla spagnuola). Ponete in una casseruola un quarto di libbra di burro fresco; quando è liquefatto, aggiungeteci quattro o cinque
Salsa Robert. Assottigliate cinque o sei cipolle nella forma di dadi, e cuocetele nel burro sinchè divengano bionde, versatevi un po' di salsa spagnuola e di brodo, e tenete la salsa alquanto densa. Quando si ha da servire in tavola vi si aggiunge un po' di mostarda di senape, nè si ripone più al fuoco.
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Salsa Robert. Assottigliate cinque o sei cipolle nella forma di dadi, e cuocetele nel burro sinchè divengano bionde, versatevi un po' di salsa
Salsa tedesca. Questa non è altro che la vellutata qui sopra descritta. Prendete cinque o sei tuorli d'uovo che diluirete entro alquanto succo di limone, aggiungendovi pezzetti di burro fresco. Legate insieme , scuotendo, colla vostra vellutata, e avrete la salsa tedesca, che bisogna passare per la stamigna e tenere al caldo nel bagno-maria.
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Salsa tedesca. Questa non è altro che la vellutata qui sopra descritta. Prendete cinque o sei tuorli d'uovo che diluirete entro alquanto succo di
Ripieni di carni e di pesci per guarnizioni di pietanza, in pallottole. Si pigli un quarto di libbra di vitello, mondato e tritato come fu detto più sopra, poi passate per uno staccio di crine. Abbiate pure in pronto mollica di pane inzuppata di latte, spremetela, poi ponetela in una casseruola con un pezzo di burro della grossezza di una noce. Asciugate bene questa paniccia sopra un fuoco lento aggiungendovi due tuorli d'uovo; poi asciugate al fuoco per cinque minuti; però bisogna che sia così densa da incollarsi le dita. Versate questo apparecchio in un tondo perchè si raffreddi; passatelo in seguito, dopo la carne, per staccio di crine. Ciò fatto, prendete un pezzo di burro; fate tre parti uguali di carne, di paniccia, di burro; mettete dapprima nel mortajo il burro e la paniccia, e quando sono ben assimilati, aggiungetevi la carne. Allora impastate il tutto, aggiungendovi un uovo intero e due tuorli d'uovo; condite di pepe, di sale, e di un poco di noce muschiata grattugiata.
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fuoco per cinque minuti; però bisogna che sia così densa da incollarsi le dita. Versate questo apparecchio in un tondo perchè si raffreddi; passatelo
Le carni rosse, quali p. e. sono quelle di bove o di castrato, esigono un fuoco chiaro, e specialmente piantato ai due lati dello spiedo. Non affrettate pertanto troppo la cottura, ma temperate il fuoco in modo da diminuirne gradatamente il calore. Un grosso pezzo, per esempio, un arrosto di bove o di castrato che pesi cinque o sei libbre, esigerà un'ora e mezzo di cottura. Gl'indizî dai quali si conosce che la cottura è giunta al punto conveniente sono: 1.° Una certa resistenza che la carne oppone al dito che la preme; 2.° un piccolo fumo che ne scappa da qualche parte; 3.° alcune goccie di sangue che cominciano a trasudare. Le carni rosse si condiscono e arrostano da sé medesime col loro proprio succo.
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di castrato che pesi cinque o sei libbre, esigerà un'ora e mezzo di cottura. Gl'indizî dai quali si conosce che la cottura è giunta al punto
Acciughe. Con cinque o sei acciughe, che bisogna scegliere della miglior carne rossiccia, si può benissimo guernire un nicchio o conchiglia ad uso di piattellino. Bisogna in prima ben lavarle, poi nettarlo raschiandole leggermente con un coltello, aprirle, tagliar loro la testa e levarne la spina, asciugarle ben bene, toglierne ogni parte filamentosa, tagliarle in due in tutta la loro lunghezza, e per ogni metà formarne quattro o cinque filetti, secondo la grossezza dell'acciuga. Si pongono questi nella conchiglia, schierandoli in linee paralelle, poi una seconda fila di linee traversali, e così via via in modo da farne come una graticolata. Si guernisce all'ingiro il tondo o la conchiglia di prezzemolo, di cipolline bianche, di tuorli d'uovo, il tutto ben tritato, ponendo alternativamente il prezzemolo, il rosso di uovo o la cipollina. Si condisce quindi il tutto con olio d'oliva finissimo e con alquanto buon aceto.
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Acciughe. Con cinque o sei acciughe, che bisogna scegliere della miglior carne rossiccia, si può benissimo guernire un nicchio o conchiglia ad uso di
Guarniture di funghi. I funghi destinati a tale uopo devono essere di mezzana grandezza, bianchi e ben rotondi; nell'approntarli si deve lasciar loro una parte del manico. Si ammaniscono nel succo di limone misto ad un poco d'acqua; tosto che sono in ordine vi si aggiunge sale e burro e si lasciano cuocere lentamente e sopra una tenue fiamma per cinque soli minuti.
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cuocere lentamente e sopra una tenue fiamma per cinque soli minuti.
Quando avete finito di schiumare la vostra pentola, aggiungetevi carote, pomi di terra, cipolle, in una delle quali avrete infitto tro chiovi di garofano; poi lasciate che il tutto si cuocca per cinque o sei ore. Bisogna che la pentola bolla pian piano e non faccia, per così dire, che un blando gorgoglio, espressione che fa ben comprendere il modo con cui si deve procedere per la cottura dell'allesso. Egli è seguendo esattamente queste istruzioni che si otterrà un allesso tenero, saporito e un brodo pieno di sapore e nutriente.
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garofano; poi lasciate che il tutto si cuocca per cinque o sei ore. Bisogna che la pentola bolla pian piano e non faccia, per così dire, che un blando
Bove alla moda. Prendete di preferenza un bel pezzo di culaccio; abbiate del lardo che taglierete a pezzi grossi soltanto come il vostro mignolo, e che condirete con pepe, sale, timo, lauro, prezzemolo tritato finamente, e che spalmerete con un poco d'olio. Lardellatene il vostro pezzo di bove con un lardatoio da parte a parte, in maniera che i pezzi di lardo siano equidistanti gli uni dagli altri. Prendete una padella o marmitta, ponetevi un po' di grasso, e rimescolatevi dentro per un quarto d'ora il vostro bove; quindi guarnitela di due o tre carote intere, sei cipolle, ad una delle quali infilerete tre chiovi di garofano, un mazzetto di erbe legate insieme, di due piedi di vitello o di alcune cotenne di lardo, di due cucchiaiate abbondanti di brodo, di un bicchiere di vino bianco e di due bicchierini di acquavite. Cuoprite la pentola o marmitta con un coperchio che chiuda bene, e lasciate cuocere in modo che non ne segua evaporazione alcuna e a fuoco lento per cinque o sei ore almeno. Passato il qual tempo, digrassate e riducete a metà levando i legumi e le erbe, aggiungete una cucchiaiata di salsa spagnuola e le carote che avrete già prima ritirate innanzi che sieno troppo cotte, e che avrete affettate. Potete, se v'aggrada, aggiungervi pic¬cole cipolline cotte o peste e imbevute di succo ristretto o savore.
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lasciate cuocere in modo che non ne segua evaporazione alcuna e a fuoco lento per cinque o sei ore almeno. Passato il qual tempo, digrassate e riducete
Testa di vitello al naturale. Dopo aver fatto scelta di una bella testa di vitello molto bianca, la immergerete nell'acqua bollente per levarne i peli ed ogni estranea pellicola, disossandola diligentemente presso a poco fino ai cinque o sei centimetri (circa due pollici) dal muso e dalle mascelle. Lasciatela guazzare una intera notte nell'acqua; allora l'asciugate, e dopo averla soffregata con succo di limone, la ravviluppate in un pannolino. Ponete in una casseruola una manata di farina, alquanti pezzetti di lardo, sale, due carote e due cipolle armate di due chiovi di garofano. Stemperate con acqua in sufficiente quantità per coprire tutta la testa, che farete cuocere per tre ore almeno. Cotta che sia in punto, sgocciolatela, ponetela sur un tondo, apritene il cranio per levarne gli ossi che cuoprono il cervello, e che lascerete allo scoperto. Traetene la lingua, fendetela in lunghezza, e applicatela sul muso, ponetevi sopra un pizzico di prezzemolo, ed uno più abbondante sul cervello. Servite a parte in un vasetto per salse un intingoletto acido nel modo seguente: cipollette e prezzemolo tritati insieme, pepe e sale, olio ed aceto.
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peli ed ogni estranea pellicola, disossandola diligentemente presso a poco fino ai cinque o sei centimetri (circa due pollici) dal muso e dalle mascelle
In marinata, procedendo in tal modo: tagliate le cervella in cinque o sei pezzi, che condirete di pepe, sale e aceto; sgocciolatele e passatele in una pasta da friggere; mettetele quindi in strutto o grasso che non siano troppo caldi, e servitele con un mazzolino di prezzemolo fritto.
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In marinata, procedendo in tal modo: tagliate le cervella in cinque o sei pezzi, che condirete di pepe, sale e aceto; sgocciolatele e passatele in
Fegato all'italiana. Tagliate il fegato in pezzi di due o tre linee di spessore, ai quali darete la forma di crostelli alla marinara. Fate liquefare un pezzo di burro in padella assai spasa e gettatevi entro le fette di vitello, che condirete e farete friggere sopra un fuoco ardente. Quando sono arrossate da un lato, rivoltatele, poi, se resistono alla pressione del dito, ritiratele dalla padella, entro cui porrete un poco di cipollina, di prezzemolo e di funghi tritati, una cucchiaiata di salsa spagnuola, un bicchiere di vino bianco; poscia fate cuocere a lento fuoco per cinque o sei minuti il fegato, e finalmente servitelo in un piatto circolarmente, aggiungendovi succo di limone. Legherete la salsa con un poco di burro stemperato in farina; ma questa salsa non fatela cuocere.
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prezzemolo e di funghi tritati, una cucchiaiata di salsa spagnuola, un bicchiere di vino bianco; poscia fate cuocere a lento fuoco per cinque o sei minuti
Frittume all'inglese. Tagliate la carne della coscia in sottilissime fette di quattro o cinque centimetri di larghezza; ammannitele in una casseruola lievemente asciugandole con un cucchiajo da tavola di bella farina, condite con pepe e sale aggiungendovi un po' di brodo ed anche acqua calda. Fate cuocere pian piano agitando la casseruola per il manico, onde legare la farina, fino a che il contenuto sia pronto a bollire. Ma guardatevi bene dal lasciar troppo bollire, perchè tutte le carni arrostite, in qualunque modo si vogliano riscaldare, col bollire s'induriscono; in questo caso poi, oltre l'accennato inconveniente, la farina che serve a legare insieme e condisce il frittume assumerebbe un sapore di pasta, se si lasciasse alquanto bollire.
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Frittume all'inglese. Tagliate la carne della coscia in sottilissime fette di quattro o cinque centimetri di larghezza; ammannitele in una casseruola
Coscia di castrato (all'inglese). Prendete una coscia del peso di circa quattro o cinque libbre e ponetela in una marmitta con acqua bollente, dove la lascierete cuocere pian piano per cinque o sei ore. Aggiungete un poco di sale, carote e navoni, che serviranno poi di guarnimento. Le carote debbono rimanere intere, coi navoni si fa un purée, al quale si aggiunge alquanto fiore di latte e burro che si sottopone alla coscia. Potete anche fare una salsa al burro, cui aggiungerete capperi e verserete sopra la coscia. Questa pietanza usasi molto in Inghilterra ed anche in Francia. Oltre il purée di navoni, o il guernimento delle carote, ovvero la salsa bianca con capperi, questo piatto ha sempre per accompagnamento cavoli verdi o patate allesse.
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Coscia di castrato (all'inglese). Prendete una coscia del peso di circa quattro o cinque libbre e ponetela in una marmitta con acqua bollente, dove
Piedi di castrato. Modo di farli cuocere. Quando i piedi di castrato furono ben lavati nell'acqua bollente con un po' di sale, levasi accuratamente ogni pelo che trovasi nell'inforcatura del piede. Si fanno cuocere per quattro o cinque ore, stemperando anche un po' di farina nell'acqua mista ad alquanto sale, lasciandovi i piedi fino a che gli ossi si possano agevolmente staccare.
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ogni pelo che trovasi nell'inforcatura del piede. Si fanno cuocere per quattro o cinque ore, stemperando anche un po' di farina nell'acqua mista ad
Cucite la testa con spago, e lasciatela così per quattro o cinque giorni, affinchè le carni s'impregnino di quel condimento. Ravvolgetela quindi in un pannolino che legherete per li due capi, e la fate cuocere in braciajuola a fuoco lento per otto o dieci ore. Lasciatela nel suo recipiente sino a che sia tiepida, quindi ritiratela, premetela leggermente colle mani per fare uscire il liquido che vi fosse rimasto, e ponetela sur un tondo con sopra un coperchio di casseruola e un peso di sette in otto libbre sopra il coperchio. Quando è fredda, levatene il pannolino che la cingeva, decoratela, fingendone gli occhi con due pezzi di carota, e servitela sopra una salvietta attorniata di una gelatina oppure di foglie di alloro.
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Cucite la testa con spago, e lasciatela così per quattro o cinque giorni, affinchè le carni s'impregnino di quel condimento. Ravvolgetela quindi in
Prosciutto stufato. Dopo aver fatto scelta di un prosciutto bello e di eccellente fragranza, mondatene leggermente la superficie, nonchè levatene il grasso che lo attornia. Ritirate l'osso superiore, e spaccate nel mezzo l'osso della coscia, senza però recar danno alla carne; disossate allora la parte superiore e levatene l'osso; tagliate poscia il garretto, raschiate lievemente la superficie della cotenna, e fate dissalare il prosciutto per ventiquattr'ore. Dopo averlo ben bene sgocciolato, lo porrete in una braciaiuola ch'empierete d'acqua fredda, aggiungetevi alcune carote e qualche cipolla, un mazzolino di erbe legate insieme, timo, lauro, basilico, e un chiovo di garofano. Fatelo bollire sopra un fornello nel quale arda un fuoco vivo; schiumatelo; poi cuoprite la braciaiuola e collocatela in modo che il prosciutto non faccia che bollire pian piano e a fuoco lento per quattro o cinque ore. Una volta che sia cotto, levatelo dal liquido, sgocciolatelo, e mondatelo dal grasso, dai nervi e dalle pellicine con ogni cura, specialmente poi la cotenna della parte inferiore o del manico, onde collocarvi sopra un fiocco o nappa di carta. Spalmatelo quindi con un pennello ed altro di succo ristretto di carni o d'altro affinchè acquisti un bel colore rossiccio e ammannitelo sopra un piatto di cavoli salati e di spinacci succulenti. Si può egualmente guarnirlo anche di piselli freschi, di piccole carote, di punte di grossi asparagi ecc.
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cinque ore. Una volta che sia cotto, levatelo dal liquido, sgocciolatelo, e mondatelo dal grasso, dai nervi e dalle pellicine con ogni cura, specialmente
Orecchie e zampe di majale. Quando avete ben passati per acqua bollente i piedi e le zampe, fate cuocere per quattro o cinque ore. Poscia li fenderete in due, li cuoprirete di una crostata e li porrete sulla graticola. Tagliate sottilmente le orecchie a striscie, passatele al fuoco entro un purée di cipolle, cui aggiungerete un poco di senape al momento di servire. Sopra questo piatto collocate le zampe arrostite.
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Orecchie e zampe di majale. Quando avete ben passati per acqua bollente i piedi e le zampe, fate cuocere per quattro o cinque ore. Poscia li
Capponi in padella (alla francese). Dopo avere sventrato e ben legato un cappone, passatelo leggerissimamente sopra la fiamma di un fuoco ardentissimo. Poi asciugatelo bene, strofinatelo col succo di limone, ponetegli sul petto quattro o cinque fette di limone, e circuitelo di minuti pezzi sottili di lardo, che legherete con ispago per tenerli fermi. Ponete quindi l'animale in una casseruola, la quale sia guernita di carote e di cipolle, versatevi sopra leggiermente e a riprese buon consommé o brodo. Basta un'ora per cuocerlo.
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ardentissimo. Poi asciugatelo bene, strofinatelo col succo di limone, ponetegli sul petto quattro o cinque fette di limone, e circuitelo di minuti pezzi sottili
3.° Ponete nella casseruola un pezzo di burro fresco; quando è stemperato, aggiungetevi un cucchiaio da tavola di farina; fate che ne riesca un insieme rossiccio traente al bianco, ma badate che non prenda colore. Versate poco a poco il liquido che otteneste nella seconda operazione, il quale già sia riposato, e mescolate bene per evitare ogni grumo farinaceo, che potrebbe prodursi nel caso mescoliate con troppa fretta. Essendo così ammannita la salsa, nè troppo liquida nè troppo densa, ponetevi entro il pollo; aggiungetevi, se vi piace, alquanta noce muschiata grattugiata; compita la cuocitura, schiumate e levate il grasso tenendo la casseruola all'angolo del fornello sopra un fuoco ben nutrito. Fate un intriso di tre tuorli d'uovo, che stempererete poi in alquanto fior di latte e quattro o cinque pezzi di burro fresco grossi come nocciuoli, aggiungete alla vivanda che sta nella casseruola movendola sempre fino a che la salsa sia bene legata e densa abbastanza per mascherare ogni membro del pollo e involgerlo in ogni sua parte. Non istate più a riporla al fuoco, e aggiungetevi succo di limone. Quanto alla guarnizione, abbiate cipolline di eguale grandezza, che farete cuocere separatamente in alquanto brodo e conserverete assai bianche.
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stempererete poi in alquanto fior di latte e quattro o cinque pezzi di burro fresco grossi come nocciuoli, aggiungete alla vivanda che sta nella
6. Marinata di pollame. Tagliate in pezzi qualche generoso avanzo di pollo arrosto, come per esempio le ali e le coscie, in due parti, il carcame ed il petto parimenti in due parti. Ponete tutti questi pezzi in una saliera con pepe, sale, olio, aceto, timo, lauro, prezzemolo e qualche fetta di cipolla. Lasciate quei pezzi nella salsa marinata per quattro o cinque ore. Intanto approntate una pasta da friggere, ma leggierissima. Stillate i pezzi di pollame, immergeteli nella pasta liquida da friggere, e poi fateli friggere. Quando avranno assunto un bel colore, li stillerete accuratamente e li servirete sopra una salvietta, coronati di prezzemolo fritto.
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cipolla. Lasciate quei pezzi nella salsa marinata per quattro o cinque ore. Intanto approntate una pasta da friggere, ma leggierissima. Stillate i pezzi
Pollo alla Marengo. Prendete due polli ben grassi e carnuti; tagliatene li membri a quel modo con cui vi abbiamo indicato per la fricassea. Versate in una casseruola olio d'oliva; anzitutto ponetevi dentro le coscie sole per cinque o sei minuti, e poscia gli altri pezzi; poi condite di pepe e di sale. Fate in tal modo friggere il pollo sino a che abbia assunto un bel colore dorato. Quando vi sembrerà che quei pezzi sieno cotti, prendete due cipolline fresche, un poco di prezzemolo finamente tritato che porrete insieme col pollame. Stillate tosto fuori della casseruola l'olio onde non lasciare che il condimento bruci. Aggiungete un mezzo cucchiaio di salsa ristretta (purée) o di pomi d'oro, due cucchiaî di salsa spagnuola, un bicchierino di madera secco, un pezzetto di succo gelatinoso di carni onde rendere più untuosa la salsa, e un pizzico di zucchero per correggere l'acre, se mai vi fosse; ma bisogna che non s'abbia da sentire il sapore dello zucchero. Fate cuocere lentamente e con poco fuoco insieme ad alquanti funghi, tartufi tagliati in fette sottili e un poco di succo con cui avete cotti i tartufi. Legate insieme con un pezzo di burro fresco grosso come il pollice, non accostate più al fuoco, e aggiungetevi il succo di un limone. Ammannite in forma di piramide i pezzi di pollo sul tondo, dateci la salsa e attorniate la pietanza di croste di pane finissime ed uova fritte coll'olio.
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in una casseruola olio d'oliva; anzitutto ponetevi dentro le coscie sole per cinque o sei minuti, e poscia gli altri pezzi; poi condite di pepe e di
Pollo d'India in istufato. Cingete di grosso filo l'animale come per gli antipasti. Ponetelo entro una stufaruola, il cui coperchio chiudasi quasi ermeticamente; ponete nel fondo pezzetti di lardo e alcune cipolle, in una delle quali introdurrete uno o due chiovi di garofano; aggiungetevi carote, due piedi di vitello, un mazzolino d'erbe varie legate insieme e le frattaglie dell'animale , come ventriglia, zampe, collo, testa , ecc. Inaffiate con quattro cucchiaî abbondanti di brodo e con un bicchierino di acquavite. Cuoprite bene ermeticamente la stufaruola, e lasciate cuocere per quattro o cinque ore a fuoco lento. Digrassate quindi il liquido, passatelo per lo staccio, fatelo consumare con un cucchiaio di salsa spagnuola e versatela sotto il gallinaccio in quella che dovete servire in tavola. Potete parimenti aggiungervi una salsa o guernimento qualsiasi, secondo il vostro gusto e la stagione che corre.
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cinque ore a fuoco lento. Digrassate quindi il liquido, passatelo per lo staccio, fatelo consumare con un cucchiaio di salsa spagnuola e versatela
Il fagiano, giunto a tale punto di decomposizione da far andare in solluchero i veri ghiottoni, non va forse a grado di tutti, e noi pure crediamo che un fagiano sarebbe del pari degnissimo di comparire ad una tavola senza aspettare che abbia il ventre completamente azzurrognolo o verde; ma non è men vero che questo volatile, per essere buono ha d'uopo d'essere mortificato. Si conserverà pertanto cinque o sei giorni, e perfino anche otto, secondo la stagione, e consultando la temperatura.
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men vero che questo volatile, per essere buono ha d'uopo d'essere mortificato. Si conserverà pertanto cinque o sei giorni, e perfino anche otto
Ecco anche un eccellente modo di mangiare questi uccelletti, quando non si voglia farli arrostire, specialmente i tordi: abbrustiateli ad un fuoco non forte onde non abbiano ad annerirsi; rasciugateli in una salvietta, e poneteli in una terrina aspergendoli di fino sale. Preparate uno sfritto di sugna non ancora adoperata e che sia caldo al punto da friggere. Si avverte però prima che gli uccelli hanno da lasciarsi dodici ore nel sale. Dopo levateli di là e stillateli, ponendoli quindi nello sfritto, dove li lascerete soli cinque minuti, avendo cura che non prendano colore, ma sì, all'opposto, che rimangano bianchi. Dopo ben rasciutti e stillati, ammariniteli sopra una salvietta con suvvi qualche pizzico di prezzemolo fritto, e serviteli caldi. Gli uccelletti preparati in tal modo conservano tutta la loro finezza e delicatezza.
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levateli di là e stillateli, ponendoli quindi nello sfritto, dove li lascerete soli cinque minuti, avendo cura che non prendano colore, ma sì, all'opposto
Sgombro alla casalinga o alla bretone. Aprite in due uno sgombro dal dosso senza però separarlo; e picchiate col coltello sulla spina per agevolarne la cottura. Asciugatelo, e aspergetelo di farina. Fate liquefare in una padella circa mezza libbra di burro fresco; allorquando sta per friggere, ponetevi entro gli sgombri dalla parte dove gli avete aperti; tosto che è cotto da quella parte, rivoltatelo accuratamente dall'altra. Aggiungete allora nella padella una manata di cipolle verdi tagliate nella lunghezza da cinque a sei centimetri, che si cuoceranno intanto che gli sgombri compiranno la loro cottura. Condite di pepe e sale, e ammanniteli insieme colle cipolle che devono essere ben cotte senza però che sieno bruciate. Aggiungete nella padella, intanto che sarà ancora calda, un cucchiaio da tavola di aceto, che verserete tosto sugli sgombri.
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nella padella una manata di cipolle verdi tagliate nella lunghezza da cinque a sei centimetri, che si cuoceranno intanto che gli sgombri compiranno la
Anguilla a foggia di polli. Tagliate l'anguilla in rocchî di sette ad otto centimetri di lunghezza. Fate bollire dell'acqua con un po' di sale e due cucchiaî da tavola di aceto; ponetevi entro l'anguilla e ritiratela in capo a quattro o cinque minuti. Stillatela ben bene Fate infrattanto diluire in una casseruola un pezzo di burro con un cucchiaio da tavola di farina; aspergete questa salsa bianca con metà di vino bianco e metà brodo; aggiungetevi del sale, del pepe ed un mazzolino d'erbe aromatiche. Ponetevi l'anguilla con alquante cipollette ed anche funghi, se ne avete: lasciatela cuocere dai venti ai venticinque minuti, secondo la grossezza dei rocchî. Una volta cotta, ritirate le cipolle, e legate insieme la salsa con due, o tre tuorli d'uovo e succo di limone. Ammannite quindi entro un tondo che guarnirete con piccole cipollette fresche, e versatevi sopra la salsa.
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cucchiaî da tavola di aceto; ponetevi entro l'anguilla e ritiratela in capo a quattro o cinque minuti. Stillatela ben bene Fate infrattanto diluire in
Detto alla marinara. Preparato che avrete il pesce allo stesso modo, ponetelo in una caldaja o dentro una casseruola con un grosso mazzolino di erbe aromatiche, una cipolla armata di due chiovi di garofano, quattro o cinque spicchi d'aglio stiacciati, pepe, sale, due dozzine di cipollette, e, se ne avete, dei funghi. Inaffiate di buon vino rosso, in quantità sufficiente perchè il pesce non ne venga tutto bagnato, fate cuocere a gran fiamma; in quella che sta per bollire aggiungete un mezzo bicchiere di acquavite, e fate ardere come fosse un ponce. Durante la bollitura, prendete dei pezzetti di burro che getterete uno ad uno entro la casseruola agitandola, onde la salsa venga a legarsi e assimilarsi bene. Fate che si consumi fino ai due terzi, e servite in tavola con guarnimento di gamberi e di croste di pane fritte.
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aromatiche, una cipolla armata di due chiovi di garofano, quattro o cinque spicchi d'aglio stiacciati, pepe, sale, due dozzine di cipollette, e, se ne
Cavoli farciti. Prendete un cavolo che abbia grossa testa, lavatelo, toglietene le foglie più dure, fatelo cuocere un quarto d'ora in acqua bollente, passandolo quindi nell'acqua fresca, spremetelo e rasciugatelo in un pannolino, e poscia levatene il cuore. Tritate in minuti pezzetti circa una mezza libbra di vitello e altrettanto lardo grasso; pestate questo farcito in un mortajo con cinque o sei tuorli d'uovo, pepe e sale; ponete di questo farcito nella parte ov'era il cavolo che avete ritirato, ed anche tra foglia e foglia. Legate bene il cavolo, e fatelo indi cuocere in una casseruola con lardo, una cipolla armata di due chiovi di garofano, un mazzolino d'erbe aromatiche, e tanto brodo, quanto basti a cuoprire la vivanda. Finalmente, digrassate il liquido, ristringendolo a forza di bollire, e aggiungendovi un po' di salsa spagnuola, indi versate il tutto sopra il cavolo che avrete ammannito sopra un tondo, aggiungendovi per guernimento qualche salsicciotto.
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mezza libbra di vitello e altrettanto lardo grasso; pestate questo farcito in un mortajo con cinque o sei tuorli d'uovo, pepe e sale; ponete di questo
Ciambelle o tortelle di patate. Quando abbiate allesse delle buone patate ben farinacee, ponetele in un mortajo con una buona porzione di burro fresco, cinque o sei tuorli d'uovo, un po' di crema, prezzemolo tritato, pepe e sale, e, volendolo, alquanta noce muschiata in polvere. Dopo ben rimescolata questa pasta, dividetela in piccoli mucchietti o pezzi (presso a poco della grandezza che può essere contenuta in un cucchiajo da tavola) impastatele in un intriso d'uova sbattute e farina, e fatele sfriggere sino a che assumano un bel colore biondo. Se, anzichè tortelli, ne vogliate fare gnocchi, infarinateli soltanto, e immergeteli uno ad uno entro brodo tenendoli non sulla fiamma, ma sì accanto al fornello.
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fresco, cinque o sei tuorli d'uovo, un po' di crema, prezzemolo tritato, pepe e sale, e, volendolo, alquanta noce muschiata in polvere. Dopo ben
Panata di funghi. Anzitutto procurate di mondarli con assai cura; quando gli abbiate bene approntati, poneteli in una casseruola con un pezzo di burro fresco, succo di limone, un mazzolino d'erbe aromatiche, prezzemolo, cipollette e un po' di sale. Rimescolateli bene sopra un gran fuoco. Il burro una volta liquefatto, gettatevi entro un po' di farina, aggiungetevi un cucchiaio di brodo, e lasciateli cuocere per cinque minuti. Legate insieme tre o quattro tuorli d'uovo con un poco di fior di latte e qualche pezzetto di burro fino; legatene i funghi, e avvertite che questa salsa sia levigata e di un bel giallo, come una salsa tedesca: prendete quindi un pane della grandezza di mezzo chilogrammo, che taglierete in due; levatene la mollica, spalmatene di burro l'interno e l'esterno e fatelo arrostire sopra brace. Empite poscia quel pane vuotato di funghi, rivoltatelo colla parte sporgente per l'insù, e versate all'intorno il rimanente dei funghi.
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una volta liquefatto, gettatevi entro un po' di farina, aggiungetevi un cucchiaio di brodo, e lasciateli cuocere per cinque minuti. Legate insieme tre
Uova al latte. Rompete cinque o sei uova e diluitele intere con un litro di latte leggermente inzuccherato; aggiungetevi pure un poco di fior d'arancio. Passatele per lo staccio sopra una terrina, e fatele rapprendere sul bagno-maria con fuoco sopra e sotto per un quarto d'ora, oppure, se ne avete l'agio, entro il forno.
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Uova al latte. Rompete cinque o sei uova e diluitele intere con un litro di latte leggermente inzuccherato; aggiungetevi pure un poco di fior d
Frittata col tonno. Lavate ben bene due latticini di carpioni che farete passare in acqua bollente con alquanto sale per soli cinque minuti; prendete un pezzo di tonno fresco grosso come un uovo, o che sia almeno di fresco marinato: tagliuzzatelo insieme coi latticinî; aggiungetevi una piccola cipolletta del pari tagliuzzata assai fina. Versate il tutto in una padella con un buon pezzo di burro. Quando questo sia diluito, versate nella padella dieci o dodici uova bene sbattute, e procedete come fu già detto. Disponete la frittata sur un piatto riscaldato, e servitela con una salsa qual più vi aggrada, cui aggiungerete succo di limone.
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Frittata col tonno. Lavate ben bene due latticini di carpioni che farete passare in acqua bollente con alquanto sale per soli cinque minuti; prendete
Berlingozzi. Ponete in una terrina 32 grammi di farina che mescolerete in prima con un uovo intero; aggiungetevi poi sei tuorli d'uova, un quarto di libbra di zucchero in polvere, quattro o cinque maccheroni stritolati, un pizzico di sale, e quindi ancora un uovo intero. Dopo aver bene rimescolato il tutto, vi aggiungerete mezzo litro di buona crema, fiore d'arancio con mandorle tostate, la corteccia di un mezzo limone ben triturata, un cucchiaio d'uva di Corinto, un pezzetto di erba angelica confettata lievemente trita. Versate questo apparecchio entro piccoli stampi leggermente aspersi di burro; fate cuocere nel forno a lieve calore, poi ritirate i berlingozzi nei loro stampi, per servirli caldissimi ed aspersi di finissima polvere di zucchero.
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libbra di zucchero in polvere, quattro o cinque maccheroni stritolati, un pizzico di sale, e quindi ancora un uovo intero. Dopo aver bene rimescolato
Focaccie. Ponete in un recipiente circa tre oncie di farina fina al più possibile e sei grammi di lievito di birra (feccia) diluita in alquanta acqua tiepida, in modo da formare una pasta molliccia; cuoprite questo lievito con un lino sparso di farina, poscia con una copertina, e collocatela presso il focolajo, lasciandolo così sino a che abbia raggiunto il doppio del suo volume ed anche più. Nel frattempo stendete sulla tavola circa sei once di farina, fate nel mezzo un cavo entro cui porrete sei oncie di burro fresco, un po' di sale, cinque uova intere e due cucchiaî di buon fiore di latte. Diluite il tutto amalgamandovi la farina . Impastate per bene tre o quattro volte col palmo della mano, come si fa per ogni altra pasta, poscia stendetela e ponetevi sopra il lievito; quando sia bene alzato, incorporatelo poco a poco alla pasta, aspergete di farina una salvietta che porrete dentro una casseruola, ponetevi sopra la pasta, cuopritela accuratamente, e lasciatela riposare per dodici ore, in sito moderatamente caldo d'inverno, e fresco alla state: se il caldo sia intenso, la temperatura, che in ogni tempo è conveniente, è di 15 gradi. Questa pasta dev'essere molle al tatto e delicatissima, ma tuttavia abbastanza solida per rimanersene sulla tavola senza troppo distendersi. Del resto avete sempre l'espediente delle uova per rammollirla, oppure un po' di farina per renderla più salda. Acconciate la pasta in forma di corona o di grossa palla sormontata da una palla più picciola, lasciate si riposi ancora per due o tre ore sotto la coperta; spalmate di burro un foglio grande di carta, sul quale porrete la focaccia, e ponetela tosto nel forno esposta a buon calore, onde lasciarla cuocere tre quarti d'ora, e piuttosto meno che più. Mezz'ora di cottura basta per le focaccine.
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farina, fate nel mezzo un cavo entro cui porrete sei oncie di burro fresco, un po' di sale, cinque uova intere e due cucchiaî di buon fiore di latte
Ciambelle di riso. Mondate e lavate bene circa un quarto di libbra di riso, ponendolo al fuoco con un poco di latte; conditelo con una corteccia di limone finamente tritata, con due oncie di burro fresco ed un po' di zucchero; poscia amalgamate assieme il riso con quattro o cinque tuorli d'uovo, senza però porvi l'albume. Dividete questo riso in piccoli mucchietti, grosso ognuno come un ovo di piccione, e fatene rotoletti in forma di lunghi turaccioli; aspergeteli di pane grattugiato, immergeteli entro uova sbattute, aggiungetevi ancora polvere di pane, fateli friggere sino a che acquistino un bel colore giallo, e approntateli sopra un tondo aspersi di fino zucchero e disposti quattro a quattro gli uni sopra gli altri.
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limone finamente tritata, con due oncie di burro fresco ed un po' di zucchero; poscia amalgamate assieme il riso con quattro o cinque tuorli d'uovo
Mele alla portoghese. Mondate cinque belle mele; levatene l'interna parte, senza però romperle nè spezzarle; ponete zucchero in polvere e due cucchiai d'acqua entro un piatto d'argento oppure in una crosta di torta. Collocatevi entro le mele, di cui empirete l'interno con zucchero polverizzato, e fatele così cuocere in forno a lento calore.
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Mele alla portoghese. Mondate cinque belle mele; levatene l'interna parte, senza però romperle nè spezzarle; ponete zucchero in polvere e due
Marzapani. Sbattete cinque albumi d'uovo; quando sieno ben diluiti, aggiungetevi otto oncie di zucchero un po' per volta, rimescolando sempre. Tosto che quella specie di pasta è bastevolmente rimescolata, vale a dire, che sia molle e facile a scorrere dal cucchiaio, collocate i marzapani sopra pezzetti di carta disposti secondo la grandezza e la forma che loro avrete data; d'ordinario però si adotta la forma di un uovo aperto in lungo per metà. Quando sieno formati li cuoprirete di zucchero stacciato per un passatoio di crine, e li porrete in forno a debole calore; ritirateli tosto che sieno cotti e abbiano assunto un bel colore giallo; al momento di servirli, potete guarnirli di fior di latte ben bene sbattuto.
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Marzapani. Sbattete cinque albumi d'uovo; quando sieno ben diluiti, aggiungetevi otto oncie di zucchero un po' per volta, rimescolando sempre. Tosto
Mandorlato o Torrone. Prendete una libbra di mandorle dolci, mondatele, lavatele, stillatele bene sopra una salvietta; tagliate poscia ogni mandorla in cinque o sei parti, e fatele abbrustolire leggermente ad un fuoco temperato senza che assumano alcun colore. Ponete in una padella o casseruola tre quarti di libbra di zucchero in polvere, che farete diluire rimescolandolo con un cucchiaio di legno, ma leggermente e solo in quanto s'impedisca di bruciarsi. Quando sarà liquefatto, assumendo un bel colore giallo, gettatevi per entro le mandorle che avrete tenute calde; ritirate dal fuoco la casseruola e mescolate bene le mandorle collo zucchero. Spalmate uno stampo nonchè un coperchio di casseruola; prendete una cucchiaiata di mandorlato, e stendete anche questo sul coperchio della casseruola, stiacciandolo al più possibile sottilmente con un limone, e guarnitene tosto lo stampo; continuate in tale modo fino a che lo stampo sia per intero ripieno. Si può anche versare tutto ad un tempo il mandorlato nello stampo, e disporlo quindi in esso, ma l'operazione riesce più difficile. In questo come nell'altro caso questo lavoro deve eseguirsi assai prontamente e sul caldo, a rischio anche di scottarsi alquanto le dita, perchè il torrone si raffredda assai presto, e quando è freddo non si può più disporlo nella forma. Per levarlo da questa, dovete aspettare che si raffreddi, e quindi decoratelo a vostro piacimento. Potete disporre anche il vostro torrone in piccoli panieri o corbelli che empirete di fior di latte sbattuto incoronandolo di fragole o di lamponi.
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in cinque o sei parti, e fatele abbrustolire leggermente ad un fuoco temperato senza che assumano alcun colore. Ponete in una padella o casseruola tre
Focaccia alla tedesca ovvero Kouglauffe. Prendete d'ordinario la quarta parte della farina per fare il lievito delle altre pani residue, che porrete in una terrina con un terzo di burro, un sesto di zucchero, altrettante mandorle tagliate in lunghe fettine, il sesto di uva di Corinto, il che per un chilogrammo e mezzo di farina, fa un mezzo chilogrammo di burro, 250 grammi di zucchero ecc. ecc. Salate la pasta a sufficienza: fate intiepidire il burro sopra una quarta parte di farina; versatevi sopra un bicchiere di fior di latte; diluite quindi assieme ogni cosa: allorchè la pasta sarà molle, sebbene alquanto densa, ponetevi il lievito, che incorporerete ben bene colla pasta; ciò fatto, spalmate di burro una casseruola od uno stampo, e fate si gonfi la pasta per cinque o sei ore ad una temperatura blanda e tiepida; tosto ch'è ben rigonfia, ponetela in forno riscaldato allo stesso grado di calore che le focaccie baba.
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fate si gonfi la pasta per cinque o sei ore ad una temperatura blanda e tiepida; tosto ch'è ben rigonfia, ponetela in forno riscaldato allo stesso grado
Bocche di dama. Prendete sei uova, ponetele entro una terrina con 125 grammi di zucchero in polvere, e 90 grammi di fecola di patata, un po' di sale, un pizzico di fiore d'arancio tostato; sbattete il tutto come fareste per biscotti; quindi spalmate di burro una tortiera, entro la quale verserete questo apparecchio; ponete a cuocere a fuoco blando per circa un quarto d'ora; cotto che sia, ritirate, tagliate in parti eguali con ordigno apposito della grossezza di una moneta da cinque franchi; intridete finalmente con pennello que'pezzi, sia con cioccolatte, sia con altro liquido, con cui coprirete la superficie dell'oggetto, il quale esporrete poi alla bocca del forno perchè si rappigli la spalmatura.
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della grossezza di una moneta da cinque franchi; intridete finalmente con pennello que'pezzi, sia con cioccolatte, sia con altro liquido, con cui
Chicche di Verdun. Lavate 15 grammi di anici stellati, e fatti asciugare alla bocca del forno; sbattete poi cinque tuorli d'uovo con 125 grammi di zucchero in polvere per due minuti; sbattete pure i cinque albumi assai densamente e aggiungeteli ai tuorli insieme a 125 grammi di farina bene asciutta passata per lo staccio e coll'anici. Amalgamate prontamente il tutto, e versate questa pasta entro un recipiente apposito di carta a guisa di cassetto di 189 millimetri di larghezza sopra 268 di lunghezza. Ponete l'apparecchio in un forno di mediocre temperatura, e tre quarti d'ora dopo provate se la chicca sia dura al tatto; allora levatela fuori; e tosto che sia freddata separatene la carta, tagliate la crostata di 80 millimetri di lunghezza sopra 14 di larghezza, e riponetela ad asciugare nel forno, finchè sia affatto friabile.
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Chicche di Verdun. Lavate 15 grammi di anici stellati, e fatti asciugare alla bocca del forno; sbattete poi cinque tuorli d'uovo con 125 grammi di
Crostate genovesi. Pigliasi 500 grammi di zucchero, che si passerà attraverso uno staccio ordinario; tredici uova intere, e cinque soli tuorli, che mescolerete insieme allo zucchero entro una catinella posta sopra un fornello alquanto caldo. Sbattete la pasta fino a che sia condensata; la verserete quindi sulla tavola, e ne formerete uno strato che aspergerete con circa 60 grammi di zucchero. Raffreddata che sia la pasta, aggiungerete 430 grammi di farina, un po' di vaniglia, mescolate ben bene il tutto, e formate strati di 5 millimetri di spessore; quindi tagliate con un coltello o ferro circolare tagliante, pasticche o crostate di 34 millimetri di lunghezza sopra 46 di larghezza, della forma di un ovale. Ponete l'apparecchio sopra due pezzi di latta unta, e cucinatelo entro un forno bene ardente, dopo averlo spalmato con uova ed acqua, e aspersi i pezzi con grosse zollette di zucchero.
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Crostate genovesi. Pigliasi 500 grammi di zucchero, che si passerà attraverso uno staccio ordinario; tredici uova intere, e cinque soli tuorli, che